PALAZZO TEZZANO
Nella prima fase della ricostruzione di Catania dopo il rovinoso terremoto del 1693, un ruolo importante, in particolare per quel che riguarda gli edifici ospedalieri e universitari, ebbe il «conte Niccolà Tezzano protomedico generale di Catania Aci Mascali e sobborghi, professore primario perpetuo di Medicina e priore di questa R. Università»[1].
Intorno al primo decennio del Settecento Tezzano avviò la costruzione di un nuovo imponente edificio, appenna fuori la Porta di Aci, l'attuale Piazza Stesicoro, per dare una sistemazione definitiva all’Ospedale San Marco, che aveva trovato una sistemazione provvisoria nell'ex monastero di S. Giuliano alla Civita, dismesso dalla monache benedettine.
«Il prospetto, che occupa per intero l’isolato a nord-ovest della più ampia piazza della città, è fra i più imponenti di Catania con i suoi 73 metri di lunghezza e le undici aperture intervallate da dieci paraste giganti che sostengono una ricca trabeazione interamente intagliata nella pietra bianca di Siracusa. Nella tribuna centrale, col suo ampio balcone che sovrasta il portale di ingresso, si concentra un tripudio di opulente decorazioni scultoree, mentre analoghi balconi segnano le due campate esterne del prospetto a chiudere l’ampia facciata. Un aereoso loggione corona la tribuna centrale che acquista così ancor maggiore evidenza. […] La tipologia dell’insieme nei suoi elementi tipici è peraltro quella tipica dei palazzi nobiliari della Catania seicentesca e settecentesca[2]: ritroviamo così la dislocazione dei corpi di fabbrica attorno alla corte e l’ampio portale di ingresso, dimensionato per l’accesso delle carrozze che immette in un’androne, coperto da un’alta volta a botte, al cui interno si apre l’accesso ad uno scalone monumentale; da questo si sale al piano nobile sbarcando in una aereosa loggia che dà l’accesso agli ambienti interni. […] Alonzo Di Benedetto è quasi certamente l’architetto del nuovo Ospedale di San Marco[3], ma ruolo non secondario nella definizione formale potrebbe toccare anche ad Andrea Amato. Questi nel 1722 completa i raffinati lavori di intaglio eseguiti in pietra bianca di Siracusa. Nella sicurezza con la quale sono eseguite le decorazioni scultoree si può leggere tutta la maestria dell’Amato, scultore-architetto di origini messinesi che in quegli stessi anni raggiunge, insieme al padre Antonino ed al fratello Tommaso, l’apice della sua attività lavorando a Catania ed in tutta la Sicilia Orientale.
L’imponente palazzo Tezzano non rimane isolato nello spazio cittadino, ma diventa matrice formale di una sistemazione urbanistica unitaria che comprende l’intero Piano della Porta di Aci, così come si viene configurando, non più come informe slargo al di fuori delle mura ma come vera e propria piazza cittadina, una delle più ampie fra quelle delle quali si dota la città settecentesca. […]
Nel 1716 si realizza lo scalone monumentale in pietra lavica e si completano i primi locali, mentre se ne realizzano di nuovi: al cantiere si lavora alacremente fino al 1727; un anno dopo il conte Tezzano muore ed il cantiere subisce una battuta d’arresto.
Nel 1727 l’Ospedale abbandona definitivamente il sito provvisorio alla Civita (già monastero di S. Giuliano), che viene venduto ai Padri Teatini.
In poco più di un decennio si è realizzata un’opera imponente: tutta l’ala meridionale è completa, così come gran parte dell’ala ovest estesa fino quasi al terreno della chiesa di S. Euplio, mentre l’ala orientale, lungo la Via Stesicorea, è stata anch’essa realizzata in gran parte. […]
Nella seconda metà del Settecento si ristruttura l’ala orientale che assume la conformazione di vero e proprio corpo indipendente con una propria identità formale.
La Via Stesicorea (l’attuale Via Etnea), col prolungamento oltre il Borgo, fino alla contrada del Petraro (fino all’attuale Tondo Gioeni), è divenuto infatti l’asse viario più importante della città, a conferma di una felice intuizione urbanistica del Tezzano, che poco dopo il terremoto del 1693 aveva fissato la nuova sede ospedaliera a nord della città.
In questa fase l’edificio dell’ospedale è rappresentato in un acquerello di Jean Houel del terzultimo decennio del Settecento come sfondo della processione in onore di S. Agata che, fra ali colorate di folla, si snoda dalla Via Stesicorea alla salita dei Cappuccini della Speranza[3]. Pressoché analoga rappresentazione, ma con un punto di vista più basso e più vicino, troviamo in un'incisione di Zacco datata al 1780.
Compare ancora l’ala meridionale costruita dal Tezzano così com’era nella situazione originaria, prima dei lavori eseguiti tra il 1870 ed il 1873, con ampi vani di botteghe che si alternano ad altri più piccoli e le piccole finestre dei mezzanini nei muri sotto gli imponenti finestroni.
Intorno al 1794 la stessa ala orientale sarà nuovamente ampliata nell’area disponibile ancora destinata a giardino fino a scavalcare la piccola strada (attuale Via Monte S. Agata) che fiancheggia a nord l’isolato. […]
Gran parte di questa nuova ala orientale in effetti non verrà mai utilizzata come ospedale e sarà in parte destinata ad abitazione degli stessi medici dell’Ospedale, finchè l’intera ala non sarà adibita a sede del Tribunale Civile, per l’istallazione del quale sono eseguiti lavori di sopraelevazione[2].
Già nel 1819 l’ingegnere Salvatore Zahra Buba elabora il primo progetto di trasformazione dando inizio ad una serie di interventi che mirano per quanto possibile a rendere quest’ala idonea alle nuova funzioni giudiziarie.
Come già era accaduto nella lunga storia del San Marco, esso cederà ancora una volta la propria sede ad un altra istituzione. Nel 1876 infatti l’Ospedale, che prenderà il nome di Ospedale Vittorio Emanuele, si rasferisce nella chiusa del Tindaro, presso l’omonima chiesa, ed il palazzo Tezzano viene alienato ed interamente destinato a sede dei tribunali».
[Eugenio Magnano di San Lio, Vicende architettoniche dell'Ospedale San Marco, in Mario Alberghina (a cura di), Medici e Medicina a Catania. Dal Quattrocento ai primi del Novecento, Maimone, Catania 2001, pp. 123-127].
Delle attività ospedaliere il Palazzo Tezzano continuò ad ospitare solo il “teatro anatomico”, alloggiato dal 1800 in parte dell'ala ovest dell'edificio. Dopo l'inaugurazione, nel 1888, dell'Istituto di Anatomia nella nuova sede di Palazzo Ingrassia, quei locali, passati al demanio, restarono in usufrutto all'Università, che nel 1955 li mise a disposizione della Società di Storia patria per la Sicilia orientale, fino a quell'anno ospitata nel Palazzo centrale dell'Ateneo.
[1] Giovanni Regulèas, Elogio del conte Niccolò Tezzano profferito ad inaugurazione agli studi dell'Università di Catania per l'anno scolastico 1839-1840, Salvatore Sciuto, Catania 1840, p. 6.
[2] Cfr. Giuseppe Dato, Catania, forma e struttura, 1693-1833, Roma 1983, pp. 90-93.
[3] Francesco Fichera, Una città settecentesca, Società editrice d'arte illustrata, Roma 1925, pp. 16-18; Id., G. B. Vaccarini e l’architettura del Settecento in Sicilia, R. Accademia d'Italia, Roma 1934, pp. 60 e 61; cfr. Luigi Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, architettura, Novecento, Palermo 1993, pp. 145 e 146.
[4] Cfr. La Sicilia di Jean Houel all’Ermitage, Sicilcassa, Palermo 1989, p. 177.
[5] Salvatore Barbera (a cura di), Recuperare Catania, Gangemi, Roma 1998, pp. 155-157.